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L’ assistente sociale narratore

a cura di Furio Panizzi


Secondo Jonathan Gotshall [1] gli esseri umani nascono con un istinto naturale a raccontare storie. Le storie diventano persino una sorte di simulatore virtuale per apprendere a risolvere i problemi. Ed è questo il motivo per cui molte persone consumano tante fiction, film, leggono romanzi, e storie su i social. Siamo inzuppati di storie fino al midollo. Gli assistenti sociali poi per lavoro sono continuamente a contatto con le storie delle persone che si rivolgono ai loro servizi. Chi lavora nel campo delle professioni di aiuto è come se stesse “Navigando tra le storie[2]” delle persone che si rivolgono ai servizi sociali. Roberto La Tella ci spiega nel suo testo come la narrazione sta diventando sempre più centrale nel lavoro sociale.

L'approccio narrativo è diventato sempre più cruciale nel contesto del lavoro sociale e dell'assistenza sociale. Mentre in passato si utilizzavano paradigmi tecnico-classificatori, che consideravano realtà e verità come uniche ed oggettive, oggi si tende verso un approccio costruttivista, che mette in luce come la percezione della realtà dipenda dal punto di vista dell'osservatore. Questo porta ad apprezzare il dubbio e la probabilità, studiando il mondo come un sistema ecologico e cercando di comprendere la realtà piuttosto che interpretarla.

Nel campo socio-sanitario, ci sono principalmente due modelli di relazione: la correzione del deficit e la promozione dello sviluppo. La prima si concentra sul ripristino della normalità attraverso un rapporto di potere asimmetrico e diretto, mentre la seconda si basa su negoziazioni e scambi tra le parti, favorendo un approccio bidirezionale.

Gli operatori sociali si trovano a navigare in acque incerte e sperimentali, richiedendo un approccio euristico che si basi sull'esperienza e sull'apprendimento dagli errori. Ciò li porta a vivere la contraddizione tra la semplificazione richiesta dalle procedure e la complessità unica di ogni persona.

Per essere efficaci, gli operatori devono approssimarsi nella comprensione, capendo che la relazione d'aiuto si sviluppa nel tempo e che gli errori fanno parte del processo di apprendimento. L'approccio narrativo nel lavoro sociale ed educativo è importante perché permette di focalizzarsi sulla storia unica di ogni individuo, spostando l'attenzione dai sintomi o dai problemi. Riconoscendo la terza storia che emerge nell'incontro tra operatore e beneficiario, si può creare una relazione di lavoro più efficace.

Le storie hanno il potere di restituire umanità e specificità alle persone, permettendo loro di riconoscere se stesse come parte di una storia in movimento. Cambiare il significato delle proprie esperienze e attribuire nuovi significati al passato offre la possibilità di costruire un nuovo futuro.

Per muovere un progetto di vita, è necessario avere una storia personale che permetta di costruire un progetto basato sui desideri della persona. Le storie raccontano desideri e permettono di ampliare lo sguardo su se stessi e sulla realtà.

Le narrazioni giocano un ruolo importante nella nostra vita e nel lavoro educativo e sociale. Mentre le grandi narrazioni epocali stanno scomparendo, dobbiamo cercare nelle nostre piccole narrazioni personali per dare senso alle esperienze che viviamo. Le storie coinvolgono ed emozionano le persone, favorendo l'apprendimento e possono essere utilizzate come strumento educativo e terapeutico.

Le storie aiutano lo sviluppo dei bambini, stimolando i circuiti neurali e sviluppando una comprensione contestuale e complessiva. Le emozioni sono essenziali per l'apprendimento e le storie che le coinvolgono vengono immagazzinate e utilizzate in modo più efficiente dal cervello. Nel lavoro sociale, l'approccio narrativo può essere utilizzato in diversi modi, come l'uso di narrazioni raccontate o agite, la costruzione di percorsi individuali e collettivi, l'utilizzo dei linguaggi della mediazione espressiva e la raccolta delle storie delle persone e dei territori. La metafora gioca un ruolo potente nel cambiamento di prospettiva e nella ricerca di nuove soluzioni. I bambini che riescono ad utilizzare le metafore sono più abili nel risolvere i problemi. Le metafore agiscono senza che se ne comprenda il funzionamento, ma ne riconosciamo il potere. Esistono diverse tipologie di metafore e la costruzione di una metafora richiede la sottrazione e l'aggiunta di elementi, mantenendo una struttura coerente.

Una storia per poter essere utilizzata come metafora per il cambiamento deve contenere elementi che creino un senso di coinvolgimento ed emozione nel ricevente. Le storie possono trasformare la percezione di se stessi e del mondo, aprendo nuovi orizzonti e offrendo la possibilità di costruire una nuova realtà.

L’approccio narrativo nel lavoro sociale ed educativo è di fondamentale importanza perché permette di dare voce alle persone, focalizzandosi sulla loro storia unica e aprendo spazi per la costruzione di nuove possibilità e soluzioni. Le storie coinvolgono ed emozionano, favorendo l'apprendimento e il cambiamento. Sfruttando il potere delle narrazioni e delle metafore, gli operatori sociali possono creare un ambiente di lavoro che valorizzi la diversità e promuova l'autonomia e lo sviluppo delle persone.

Quando si parla di Assistenti Sociali, però,  molto spesso ci si ritrova davanti ad asserzioni più disparate: questo perché molti non conoscono il vero lavoro degli Assistenti Sociali. Per lo più si viene bersagliati da più angolazioni con etichette ‘negative’ e si viene descritti come ‘ ladri di bambini’,’ burocrati’ ecc.  Avviene quello che Roberto Mercadini chiama il “paradosso della Gioconda” [3]. Milioni di persone guardano il quadro della Gioconda e ogni volta che la vedono danno per scontato di conoscerla e di sapere tutto. Ma se andassimo al museo di Louvre ad intervistare le persone che sono davanti al dipinto e chiedessimo loro quando è stato dipinto, chi rappresenta la protagonista del quadro, quale contesto geografico è sullo sfondo, su quale tipo di supporto è dipinto, o se è vera la storia del furto  che appartiene all’Italia e la Francia farebbe bene a restituirla, perché si trova a Parigi e non a Roma ecc. ecc ecco che ogni persona, a meno che non sia un esperto, non saprebbe rispondere.

Così avviene sul tema della figura degli Assistenti Sociali. Tutti pensano di sapere tutto, ma alla fine se ne sa poco o quel poco è connotato di pregiudizi o false informazioni.

Questo breve articolo, quindi, vuole raccontare l’esperienza che mi ha visto coinvolto, nel provare a narrare la professione degli Assistenti Sociali, che pratico da più di venti anni, attraverso una storia fantastica intitolata "Empaty"[4].  E, proprio attraverso questa storia, spiegare chi è l’Assistente Sociale e cosa fa. 

La storia è stata scritta, sceneggiata e realizzata insieme al regista Federico Greco, l’aiuto regista collega Stefania Scardala ed un gruppo di coraggiosi Assistenti Sociali di diverse parti d’Italia. Il filmato è stato realizzato all’interno di un laboratorio cinematografico organizzato dall’Ordine degli Assistenti Sociali del Lazio. 

‘Empaty ‘rappresenta un importante progetto che utilizza la narrazione audiovisiva per affrontare tematiche cruciali legate al lavoro degli Assistenti Sociali [5]. Il cortometraggio mockumentary si propone di abbattere stereotipi e pregiudizi, offrendo una visione realistica e riflessiva della professione.  La narrazione è un potente strumento di apprendimento e coinvolgimento emotivo e cognitivo. Attraverso l'utilizzo di storie tratte da esperienze biografiche, romanzi o film, è possibile favorire lo sviluppo della creatività e dell'empowerment. Nel contesto formativo, in particolare, la narrazione assume un ruolo fondamentale nella comprensione e nell'osservazione delle azioni raccontate. Il laboratorio ha permesso ai partecipanti di esplorare le esperienze nel servizio sociale attraverso la scrittura riflessiva. Durante la pandemia da Covid-19, con il suo contesto distopico, il cortometraggio "Empaty" ha affrontato il tema della disumanizzazione dei servizi sociali in una società sempre più digitalizzata e tecnologica. La trama racconta di un futuro in cui l'intelligenza artificiale ha sostituito gli Assistenti Sociali, dove però un eroico Assistente Sociale, di nome Bruno, riesce a supportare e aiutare Ignazio, una persona in difficoltà, avviando così una nuova resistenza. Il caso Empaty mette in luce l'effetto delle politiche neoliberiste e della digitalizzazione, che possono portare a una disumanizzazione dei servizi sociali. L'utilizzo del Welfare Digitale, o l'uso di piattaforme digitali per la gestione dei benefici sociali, offre opportunità di maggiore equità e connettività, ma anche criticità come il divario digitale e la violazione della privacy. Gli assistenti sociali, rappresentati in "Empaty", denunciano la burocratizzazione e la depersonalizzazione dei servizi sociali, sottolineando l'importanza di relazioni umane e del supporto professionale. Il mockumentary si pone come una forte denuncia alle politiche sociali in cui potrebbero aumentare le discriminazioni e le ingiustizie.

"Empaty" offre anche l'opportunità di far comprendere al pubblico il ruolo e le competenze degli assistenti sociali attraverso un approccio narrativo. Il filmato può essere utilizzato come materiale didattico per gli studenti di Servizio Sociale o per la supervisione professionale.

 Il progetto "Empaty" dimostra come la narrazione audiovisiva possa essere uno strumento potente per combattere gli stereotipi e promuovere una visione più consapevole e realistica del lavoro degli Assistenti Sociali. Questo genere di approccio formativo e comunicativo può portare a una maggiore comprensione e apprezzamento della professione, contribuendo a ridurre il divario tra le competenze degli assistenti sociali e la loro rappresentazione nei media.

Quindi, attraverso questo breve articolo, invito  tutti i miei colleghi/e a riflettere sulla professione e sul suo futuro, cercando di trasformarsi ogni tanto da un qualunque Assistente Sociale ad Assistente Sociale narratore. Gli Assistenti Sociali sono abituati, per mandato, per professione, a fare comunicazioni, ad essere dei comunicatori, ma bisogna porre l’accento sul fatto che, nel contesto attuale della società moderna, è necessario che tutti gli Assistenti Sociali apprendano le tecniche per comunicare il proprio lavoro attraverso lo storytelling o attraverso altre forme artistiche ( romanzi, cinema, teatro, social media,  social network ecc.). 

Nel corso di vari anni in cui ho svolto azioni di Segretariato Sociale, Formazione, Docenze, mi sono reso conto di non avere mai raggiunto risultati così altamente positivi come quelli raggiunti con Empaty,  interpretando Bruno e scrivendo questa storia con i colleghi del laboratorio. Ancora oggi le visualizzazione di Empaty stanno aumentando, e riscontro tanta curiosità rispetto al lavoro e rispetto alla intelligenza artificiale.  Il filmato ha vinto un festival del Mirabilia International Film Awards come miglior Mockumentary arrivando anche  a persone del mondo dello spettacolo e a tanti cittadini che erano lì per la rassegna dei film.

Dopo Empaty con altri gruppi di assistenti sociali abbiamo realizzato altri due film sperimentandoci come assistenti sociali narratori. Il secondo film è stato  intitolato Stop Helping  A scuola di indifferenza" ed è stato prodotto dal Ordine degli Assistenti Sociali della Toscana sempre sotto la supervisione del regista Federico Greco, Stefania Scardala e il sottoscritto.

In questa storia si narrano le vicende di un gruppo di assistenti sociali, in un futuro indeterminato ma così vicino da sembrare presente, che diventa preda di una clinica privata, Stop Helping appunto, nata per parassitare un'epidemia di burn out causata dall'assenza dello Stato: qui si impara a disprezzare il proprio lavoro di aiuto alle persone in modo da trovare il coraggio di licenziarsi.

Un film a metà strada tra Qualcuno volò sul nido del cuculo e Sette chili in sette giorni.

Praticamente un capolavoro a detta di chi lo ha visto. Attraverso questa storia viaggiano i temi del burn out, dell’importanza della supervisione e del saper fare lavoro di squadra. In poche immagini e breve storia si riesce a parlare di temi importanti e farli arrivare al grande pubblico. Cosa che non sarebbe possibile ottenere con un testo di saggistica od un convegno o un articolo scientifico.

Il terzo film si intitola “ Unlochy”, prodotto dal Consorzio Platone,  parla di un'assistente sociale, una dirigente amministrativa, un fisiatra e una psicologa che  si ritrovano in un catamarano, legati e incappucciati. Col passare delle ore comprendono di essere stati rapiti e di avere tutti qualcosa in comune che ha a che vedere con la loro professione di aiuto.

Anche questo film, che ha avuto diversi importanti sponsor come l’università della Calabria UNICAL, l’AGCI, Brembana Group, e il CONASP OdV,  tocca temi molto delicati come la presa in carico e i diritti e sogni delle persone con disabilità. E con un semplice film si è riusciti ad arrivare in contesti lontani non solo ai professionisti della relazione di aiuto ma anche ai cittadini presentandolo al Forum della Non Autosufficienza  a Bologna.

Ma come diventare Assistenti Sociali narratori?

Roberto Mercadini spiega, in un memorabile video intitolato “ Perché racconto storie?”, [6] il perché alcune storie diventano virali e riescono a spiegare meglio di altre alcuni concetti e fare vera informazione.

Mercadini fa l’esempio dell’almanacco di Voltana 6, paesino di 3000 abitanti, che sarà conosciuto solo dai residenti di quella cittadina. All’interno dell’almanacco saranno riportati i nomi delle persone che si sono sposate in un determinato anno o i nominativi di coloro che si sono diplomati o i risultati della squadra di calcio.  A chi potrebbero interessare queste notizie? Forse a nessuno, o sicuramente solo agli abitanti di Voltana. Basta infatti spostarsi in un'altra città e nessuno sarà a conoscenza che esiste un almanacco di Voltana.  Mentre la nota trasmissione televisiva denominata maratona di Mentana sarà vista da tutta Italia con molto interesse, ma già in America non la vedrà quasi nessuno. Una storia, per diventare virale e interessare migliaia di persone, deve avere delle caratteristiche che interessino una larga fetta della popolazione. Per far questo bisogna passare attraverso i racconti, che sappiano spiegare simboli e significati nuovi  attraverso l’antica arte del saper raccontare storie, e specializzarsi in queste tecniche di racconto  che possono raggiungere milioni di persone.

Il rischio infatti è che l’Assistente Sociale e le sue attività diventino come l’almanacco di Voltana o  se ne sappia quanto le notizie sulla Gioconda. Quanti infatti, tra i non addetti ai lavoro, conoscono la definizione internazionale sul Servizio Sociale?[7]

E’ scontato che l’assistente sociale dovrà continuare a scrivere, produrre letteratura scientifica per la comunità professionale e per la cultura in generale, ma affianco a questa attività sarebbe opportuno che gli assistenti sociali apprendano l’arte del raccontare, scrivere storie, racconti, romanzi, scrivere sceneggiature o aiutare il mondo degli artisti a raccontarli e raccontare i loro temi.

In un epoca dove vi è una propria esplosione delle storie e racconti a tutti i livelli, chi non comunica è come se non esistesse. Il mio auspicio quindi  è che possano nascere nuovi laboratori per formare Assistenti Sociali per apprendere le tecniche di scrittura nel campo audio visivo e diventare dei veri e propri narratori per far conoscere la propria attività o sensibilizzare l’opinione pubblica ai temi del sociale e rendere tutti gli essere umani un po' più umani.


[1] Jonthan Gotchall “L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani.” Edizione Bollati Boringhieri

[2] Roberto La Tella, Navigare tra le storie. Metodologie narrative, metafore e relazione educativa. Edizione Alpes

[3] https://www.youtube.com/watch?v=ueEPKkz9xuM Il paradosso della Giconda di Roberto Mercadini 

[4] https://www.youtube.com/watch?v=OUN4tNqs3Bo  Film Empaty 

[5] "Narrare la professione in chiave distopica" rivista Istisss n. 2 del 2022 

[6] https://www.youtube.com/watch?v=yKVfLdeSLgE Perché racconto storie di Roberto Mercadini 6 https://it.wikipedia.org/wiki/Voltana  

[7] https://www.ifsw.org/wp-content/uploads/ifsw-cdn/assets/ifsw_13127-9.pdf  


Riferimenti bibliografici 

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Ardigò, A. (1980), Crisi di governabilità e mondi vitali, Bologna, Cappelli. 

Biffi F. Pacini A. (2018) Principi e fondamenti del servizio sociale. Concetti base, valori e radici storiche. Erickson  

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Cellini G., Scavarda A. (2019) Managerialismo e tendenze della deprofessionalizzazione nel social work. Mutamenti in atto e ridefinizione dell’agire professionale. in La Rivista di Servizio Sociale 2/2019 pp 34-46  

Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali (2020) Codice Deontologico dell’Assistente Sociale, Preambolo e artt. 7, 21,37,72, Roma  

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Folgheraiter F. (2018) Fare società oggi. Lavoro Sociale - Saggi Vol 18, n.4. pp 7 -13  

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Jonthan Gotchall “L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani.” Edizione Bollati Boringhieri

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Panizzi Furio. Da un assistente sociale qualsiasi  ad assistente sociale narratore” Articolo su portale SOS Servizi Sociali on Line. 2023

Panizzi Furio. L’Ottavo passo. Guida per aspiranti assistenti sociali formatori. Edizione Passerino

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Roberto La Tella, Navigare tra le storie. Metodologie narrative, metafore e relazione educativa.

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Roberto La Tella, Un educatore da Favola. Riconoscere il proprio stile educativo attraverso i personaggi delle fiabe.Edizione Alpes

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Sitografia  

Porretta D. Dalla città del futuro nella letteratura distopica della prima metà del ‘900, Tesi di Dottorato Universidad Politécnica de Cataluña, Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Barcelona, Barcelona, 2014:  

https://www.youtube.com/watch?v=yKVfLdeSLgE perché racconto storie di Roberto Mercadini

 

 

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